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(Italienische Militär-Internierte - IMI)
Internati Militari Italiani fu il nome ufficiale dato dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell'Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943).Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati “prigionieri di guerra”. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari” (per non riconoscere loro le garanzie della Convenzione di Ginevra), ed infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, “lavoratori civili”, in modo da essere sottoposti a lavori pesanti senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti.
Alla fine della guerra risultavano 700.000 gli IMI in Germania e in Austria, oltre a 380.000 prigionieri in mano all'esercito britannico.
La maggior parte di essi ritornò in patria tra l'estate del 1945 e il 1946. Almeno 40 centri d'accoglienza furono creati nell'Italia settentrionale.
Furono le stazioni ferroviarie, e i centri d'accoglienza ad esse collegati, di Modena, Bologna e Firenze, a smistare la gran massa dei rientranti. Il rientro avvenne su treni merci sovraccarichi. Il 6 giugno fu riaperta la ferrovia del Brennero, da cui cominciarono a defluire 3.000 italiani al giorno, numero che aumentò a 4.500 a partire da agosto. Nello stesso periodo furono riaperti i varchi svizzeri del San Gottardo e del Sempione, da cui defluirono molti altri ex internati.
Nel complesso, tra maggio e settembre 1945 furono rimpatriati 850.000 ex prigionieri italiani. Le autorità considerarono completo il rimpatrio di massa degli internati italiani alla fine di settembre 1945. A quella data circa l'80% degli IMI erano rientrati in Italia[17].
Alcune migliaia di ex IMI finirono nelle mani degli eserciti russo e jugoslavo e, anziché essere liberati, continuarono la prigionia per alcuni mesi dopo la fine della guerra. Le autorità sovietiche, in particolare, rilasciarono i prigionieri italiani solo a partire da settembre 1945. In quel mese ritornarono in patria 10.000 italiani, cui si aggiunsero altri 52.000 che partirono nel mese di ottobre.
Per circa settanta anni, lo Stato italiano, ha ignorato i sacrifici dei suoi soldati internati durante la seconda guerra mondiale.
La svolta storica avviene il 22 ottobre 2014 con la sentenza n. 238 della Corte Costituzionale, che, presieduta dal suo presidente Giuseppe Tesauro, annulla gli effetti della decisione della Corte Internazionale di Giustizia in materia di immunità giurisdizionale dello Stato estero, sancendo quindi la competenza del Giudice italiano al fine di assicurare la tutela giurisdizionale dei diritti delle vittime dei crimini di guerra e crimini contro l'umanità (pertanto non soggetti a prescrizione) commessi dal terzo Reich a danno di cittadini italiani.
Lo Studio Legale Bove, successivamente a tale sentenza, è stato tra i primi studi legali d' Italia ad iniziare diverse azioni risarcitorie contro la Repubblica Federale Tedesca, in persona del suo Cancelliere pro-tempore, per danni da crimini di guerra al fine di tutelare i diritti umani fondamentali che sono stati , durante la seconda guerra mondiale, calpestati dalla Germania, e per i successivi settanta anni, ignorati dalla Repubblica Italiana.
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